Negli sport di resistenza si dice (e non a caso) che gli atleti godano di una buona longevità prestazionale.
Questa affermazione trova la sua principale spiegazione nel fatto che essendo il gesto di uno sport di resistenza per definizione submassimale è possibile per l’atleta esprimere quel livello di prestazione per un tempo molto lungo. La prestazione di un atleta trentenne è sicuramente migliore di quella di un atleta quarantenne ma non quanto ci potremmo aspettare. Allora se non c’è un decadimento prestazionale così evidente perché gli atleti si ritirano mediamente prima dei quarant’anni? La risposta è semplice: la minor produzione ormonale costringe gli atleti più avanti con l’età a osservare periodi di riposo tra uno stimolo allenate e l’altro via via sempre più lunghi. Avere periodi di supercompensazione più lunghi porta di conseguenza a dover programmare periodi di preparazione più lunghi per arrivare al top della forma e questo non è compatibile con i calendari agonistici dei professionisti.
Tra le righe infine questo spiega perché molti atleti a fine carriera (più di altri) ricorrano a pratiche di doping ematico; se artificialmente aumento l’ossigenazione del sangue mantengo ridotti i tempi di recupero, posso allenarmi intensamente più spesso e, in ultimo, posso far evolvere la mia condizione più rapidamente.

RIPOSARE PER MIGLIORARE
Dicembre 3, 2021